L’IMPORTANZA DEL “NO LIMITANTE”

Oggi, dopo una pausa dalla scrittura, scelgo di rituffarmi in un argomento che mi è molto caro perché ha per protagonisti, loro, gli ADOLESCENTI, nel cui mare magnum, ogni giorno, mi addentro, tanto nella stanza di terapia, in qualità di psicologa/psicoterapeuta, quanto a scuola, nelle classi di un istituto di una secondaria di secondo grado, in qualità di docente di sostegno. Ciò che mi ha ispirata è stata la mia recente partecipazione alla presentazione di un libro, “ADOLESCENZA NONLUOGO”, opera dell’ingegnere Maurizio Tucci. Tra i molti aspetti alla cui riflessione ci ha aperto, ce n’è stato uno che ha acceso la mia volontà di approfondimento. Ha a che fare con l’importanza del “NO LIMITANTE”.

È un tema che mi risuona dentro perché ho fatto esperienza di adolescenti privati di questa occasione. Ruggiscono di rabbia, rischiano di vivere nel caos; l’anarchia è la loro legge e si unisce all’impressione di una onnipotenza cieca che, in realtà, li rende schiavi di comportamenti e di condotte a rischio per se stessi e per gli altri.

Di questo argomento ci parla il sociologo e psicologo francese Daniel Marcelli. Il “NO che limita”, apparentemente, può sembrare stridente ma, a ben guardare, assume la fisionomia di un “NO” che si contorna della protezione e della cura dell’altro a noi significativo e, per il quale, noi stessi significhiamo qualcosa. Si interseca al concetto dei “CONFINI”, di cui ho parlato in un altro nostro articolo e, dove, il “confine” tratteggia in sé anche l’importante senso del “limes” = termine latino dal significato originario di “sentiero, strada che delimita un confine tra 2 campi”. E che cosa c’entra, si chiederà il lettore, con la nostra riflessione?

C’entra, eccome! Ragiono molto per immagini; a volte, ho l’impressione che spianino la strada. Maurizio Tucci, relatore del saggio di cui sopra, ci ha offerto, per associazione, l’immagine del neonato che gattona e si avventura nell’esplorazione del mondo. Ebbene, ci sarà sempre il momento – e spetterà a noi adulti intorno di coglierlo – in cui, quel bambino si volterà indietro alla ricerca del suo “NO LIMITANTE”, da ritrovare nello sguardo e/o nelle parole delle sue figure significative. Lungi dall’essere qualcosa di castrante, quel “NO” avrà il sapore di chi ferma per un attimo la sua corsa, non per impedirgli l’incontro con il mondo, ma per rassicurarlo, eventualmente, indicargli i pericoli a cui va incontro, delineando il suo sentiero, perché lui/lei non sia “solo e allo sbaraglio” rispetto a ciò che non conosce.

Questo discorso potrà assumere un suo preciso valore anche quando si parla di adolescenti. Spesso, l’adolescenza diviene un’età alla quale si concede tutto e si nega tutto. Qui, farà la differenza un sano gioco di equilibri. Al pari di un bambino, anche l’adolescente avrà bisogno tanto dei suoi slanci esplorativi, quanto dei suoi momenti in cui tornare a “fare tappa” nei suoi porti sicuri. Sarà, dunque, anche un gioco di bilanciamenti.

E non si tratta di “iper-proteggere”, altro grave errore in cui poter incorrere. Schermare un adolescente a qualunque comportamento a rischio non lo salverà dalle insidie del mondo. Si conceda a tutti gli adolescenti del mondo la libertà di commettere errori e sbagli.

Si permetta loro di affrontare sfide, di subire sconfitte e frustrazioni.

In ciò risiede la cifra distintiva del “crescere”, in quanto ciascuno di noi diventa adulto solo quando impara a tollerare le frustrazioni, a inscriverle nel ciclo della vita, a comprenderle come parte del tutto e come qualcosa da cui potenzialmente ripartire per rialzarsi più forte e resistente di prima.

Bisognerà che dette sfide, sconfitte e frustrazioni siano adeguate all’età per configurarsi come occasioni di crescita. Cito le parole del saggio di Maurizio Tucci a fare da epilogo al tema di cui oggi ho voluto parlare: “come il buonsenso ci ha sempre indotto a far sperimentare al bambino piccolo primi passi e prime cadute in uno spazio sicuro e non sul ciglio di un precipizio, l’idea di adolescenza è nata proprio dalla consapevolezza culturale

che fosse opportuno assicurare al proto-adulto un’area in qualche modo protetta, nella quale sperimentarsi, vivere le proprie pulsioni ed emozioni, soffrire e gioire, godendo comunque di una sorta di paracadute sociale garantito da famiglia, scuola e strutture sociali”.

Luciana Giordano
Psicologo clinico e Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico-relazionale

Bibliografia:

ADOLESCENZA NONLUOGO, Maurizio Tucci, Casa editrice Emil, 2022.