L’efficacia della co-conduzione all’interno di un setting congiunto

Il rapporto d’amore con il proprio genitore è quello che più di ogni altro consente di garantire la costanza della propria immagine, indispensabile per rimanere centrati lungo tutto il processo di adattamento ai cambiamenti che la vita impone costantemente. La presenza del genitore omologo (dello stesso sesso) nel lavoro terapeutico, soprattutto nelle situazioni di disagio, è un importante e spesso determinante fattore di guarigione e superamento delle crisi e delle sindromi patologiche. Il genitore omologo è una potente risorsa sintonica che permette ai soggetti in cura di superare i momenti di difficoltà. Aiuta a recuperare i ricordi della prima infanzia, spesso dimenticati, perchè a volte troppo dolorosi o alterati perché filtrati da un solo punto di vista. Si possono inoltre portare alla luce i momenti critici della vita del figlio e i cambiamenti avvenuti di conseguenza. Il genitore omologo è in grado di riconoscere con maggiore facilità lo stato d’animo del figlio (poichè fa da “specchio”), favorendo una riappropriazione e, in alcuni casi, una vera e propria alfabetizzazione dei sentimenti. I conflitti personali con le figure di riferimento trovano facile espressione all’interno del lavoro terapeutico con questa modalità d’intervento. Il recupero del rapporto d’amore tra padre e figlio e madre e figlia, restituisce e rigenera le risorse del figlio il quale, conseguentemente, è in grado di affrontare meglio i problemi della vita. più problematico appare il lavoro con la diade figlio genitore quando il figlio sente di vedere negli occhi del genitore la propria immagine di “malato”. Capita spesso che il figlio attribuisca al genitore l’estraneità della propria parte sofferente delegandone anche la cura e la responsabilità. Viceversa, quando è il genitore ad essere portatore della malattia mentale appare come una nuova scoperta nello sguardo del figlio vedere il terapeuta che riconosce e restituisce abilità e capacità al genitore compromesso. 

Fatte queste considerazioni, si è ritenuto importante lavorare con il genitore omologo soprattutto con soggetti in età evolutiva. Poichè i bambini e adolescenti si trovano in una condizione di continua trasformazione fisica, intellettuale, emotiva, diventa necessario favorire costantemente la conferma della loro identità. Ovviamente non è semplice coinvolgere nel setting il genitore. Soprattutto l’adolescente, se è interferito, fa fatica ad accedere serenamente alla propria risorsa genitoriale. La vergogna nel chiedere aiuto, l’erotismo esasperato al posto di una sana affettività, il giudizio, il senso di inadeguatezza, il blocco del linguaggio emotivo, conseguente ad una eccessiva intellettualizzazione o ad uno smodato uso del pc, spesso inducono il terapeuta ad usare strategie alternative e piuttosto creative. Molti adolescenti hanno chiesto di non fare entrare il genitore nel setting poiché avevano dei segreti che non volevano assolutamente rivelare. Spesso alcune ragazzine adolescenti usavano internet per pubblicare foto o filmati piuttosto osè (di cui quasi sempre però le loro madri erano a conoscenza). Alcuni adolescenti si prostituiscono (con soggetti adulti) per avere in cambio cellulari nuovi o vestiti griffati. Altri rubano. La maggior parte fa uso di sostanze e/o abusa di alcool. Molti mentono sui risultati scolastici. Qualcuno addirittura gioca d’azzardo su internet… Date queste premesse ovviamente si deve procedere con molta cautela e soprattutto, mantenendo salda l’alleanza terapeutica sia con il genitore che con figlio. (cosa non facile poiché quasi sempre le due parti erano in aperto conflitto o, nei peggiori dei casi, il genitore sembrava aver gettato la spugna).

Occorre tener presente che spesso i genitori vengono svalutati dalla società a fronte del parere di esperti. Purtroppo spesso si danno colpe ai genitori rispetto alla situazione dei figli. Tutto ciò può indurre delle sostituzioni rispetto alla funzione genitoriale. Altre volte sono i genitori stessi a nutrire forti sensi di colpa attribuendo ad una fallace capacità generativa la causa delle sofferenze del figlio. Nel lavoro clinico, nell’aiutare i minori, si ripristina la centralità della risorsa genitoriale: ovvero i genitori si considerano come co-terapeuti facenti essi stessi parte dell’equipe che interviene nel processo di guarigione del figlio. Il lavoro di integrazione e conoscenza di sé si autoalimenta dalla presenza del genitore o del figlio. Il genitore può far comprendere con più chiarezza al figlio le proprie origini e ciò che è successo nella storia familiare, il figlio può svelare un trauma irrisolto di cui si fa portatore a nome di tutta la famiglia e del genitore che ha trasmetto “i fantasmi nella stanza della nursery”. Tutte le teorie psicologiche, sia quelle psicodinamiche che quelle familiari che quelle sulla trasmissione intergenerazionale del trauma, condividono l’idea che spesso, molto spesso, il sintomo del figlio sia il tentativo estremo di risolvere l’irrisolto familiare.

Nel caso di un lutto è fondamentale che l’elaborazione sia fatta primariamente dal genitore, in modo da sviluppare una maggiore tenuta emotiva allorquando si procede nel caso del figlio. L’utilizzo di strumenti creativi, quali la fiaba, rappresenta un importante strumento di mediazione e di agevolazione nel processo di elaborazione dell’esperienza traumatica.

E se il genitore è fragile, ovviamente lo si invita (in uno spazio distinto dal figlio) a fare un lavoro personale di ristrutturazione e di rinforzo del sé, al fine di poter essere maggiormente di supporto al proprio figlio. E se il genitore omologo non c’è più?  Il suo amore può essere riscoperto e tenuto vivo con i ricordi, fotografie, con la testimonianza di un parente o di persone che lo hanno conosciuto.

Date queste premesse, vi riportiamo la sintesi del lavoro di co-terapia in cui crediamo molto e che diventa uno dei progetti più ambiziosi tra i professionisti di Alba Lucana.

Premettiamo la con-presenza nel setting di un collega si rivela indispensabile per favorire un ampliamento della lettura delle dinamiche emotive e relazionali, presenti all’interno della relazione genitore figlio e soprattutto per rielaborare importanti nuclei traumatici ai quali il minore farebbe fatica ad accedere da solo. I terapeuti coinvolti nel progetto sono diversi e di varia formazione, psicoterapeuti familiari si affiancano a psicoterapeuti dell’età evolutiva, come nel caso della collaborazione tra Carmen Greco e Valentina Schiuma.

Ed oltre al setting di psicoterapia l’altro contenitore utilissimo alla condivisione, al supporto reciproco e all’ampliamento di risorse e creatività è l’intervisione: dove gran parte dei terapeuti coinvolti del progetto di co-terapia si confrontano, si conoscono e solidificano la rete che protegge dall’isolamento.

Valentina Schiuma
Psicologa psicoterapeuta

Carmen Greco
Psicoterapeuta famliare, psico-pedagogista

Bibliografia:

V.Volpi“Bambini e adolescenti che soffrono”,  ed.Sapere.Padova. 1977

V.Volpi”Rapporto di coppia e salute mentale dei figli”  1998

E.Rovagnati “Le fiabussole”, ed Eriksson   2021

S. Fraiberg , E. Adelson, V. Shapiro “I fantasmi nella stanza dei bambini”. Ed. Raffaello Cortina 1999