Le due menzogne del nostro tempo!

Il nostro tempo è sostenuto da due menzogne.

La prima riguarda l’ideale di “indipendenza” che inneggia la libertà e l’autonomia dell’uomo, che deve essere privo di debiti simbolici verso gli altri. Si tratta di una menzogna narcisistica che anima il culto individualistico della propria immagine e del farsi un nome da sé. La seconda menzogna riguarda il concetto del “Nuovo” come principio che orienta la vita del desiderio. La soddisfazione, le emozioni, il soddisfacimento dei desideri passano attraverso ciò che non si possiede ancora, nel nuovo oggetto d’amore. Ne deriva una versione nichilistica del desiderio, impegnato a rincorrere affannosamente ciò che, per sua natura, viene sempre a mancare.

Queste due menzogne sono destinate ad intrecciarsi continuamente, poiché farsi un nome da sé senza passare da altri, significa negare il debito simbolico che ci lega ai nostri cari, creando una frattura nell’appartenenza ad un passato che è la nostra essenza. Questo favorisce  la corsa impazzita del desiderio da un oggetto all’altro, da una sensazione all’altra. Non esiste la soddisfazione in quello che si ha, bensì in quello che ancora non si possiede; non si colmano mai i bisogni ma si trasfigurano in pseudodesideri impossibili da soddisfare, dove la ricerca del Nuovo mitiga momentaneamente il vuoto sottostante.

La noia arriva inesorabilmente e corrode le relazioni fragili riverberando la spinta insoddisfatta verso quello che non si ha. Questo schema interviene anche nei rapporti amorosi, dove la suggestione ipnotica del Nuovo fa diventare l’amore che dura, l’amore che vuole essere per sempre, una parola morta. Il desiderio rigetta ogni idea di fedeltà e di costanza nel nome di un’aleatorietà permanente. Ogni legame diventa un limite, avviene un’accelerazione maniacale del tempo dove il Nuovo deve essere continuamente sostituito. Come direbbe Bauman (noto sociologo polacco) viviamo nell’epoca dell’”Amore liquido”, dove si afferma un cinismo disincantato che vede  ogni legame “a tempo”. Si cerca instancabilmente il Nuovo che rompa l’abitudine, la noia familiare, l’ordinarietà delle nostre vite.

Un possibile antidoto a questo stato di cose possiamo trarlo dal concetto di amore di Sant’Agostino: si tratta di un amore senza cupiditas, senza il consumo avido dell’altro. In questa accezione l’amore diventa dono di sé, che accresce, aumenta, arricchisce la relazione e la voglia di stare insieme, riscoprendo l’altra persona giorno dopo giorno.

Dott.ssa Mariateresa Muscillo
Psicologa, psicoterapeuta e sessuologa