Didattica della vicinanza

Negli ultimi mesi tanto è cambiato nelle nostre vite; l’emergenza da pandemia Covid-19 ha improvvisamente interrotto ciò che sembrava costituire per ciascuno di noi il normale flusso della vita; si è passati da uno stato di socialità, di libertà, di liberalizzazione estrema, a uno di chiusura, ove tempi, spazi, attività sono stati profondamente rimodulati.

Il mondo tutto è cambiato, così anche quello della scuola.

Tanti lavoratori hanno dovuto adoperarsi, per essere produttivi anche da casa in modalità smart working. Ciò ha consentito, da un lato, risparmio di tempo, di energie, di pericoli sulla strada, d’altro canto ha eliminato, se non riconducibile al solo livello virtuale, quella socialità cui tutti eravamo abituati.

Ci si incontra per lavoro, convegni, corsi di aggiornamento, per un semplice saluto ai nonni, agli affetti più cari, sulle piattaforme Teams, Meet, Skipe, Zoom, WhatsApp…

Anche il mondo della scuola ha dovuto adeguarsi alle nuove regole imposte dal governo italiano.

Il termine “contagio”, per noi professionisti della scuola, ha sempre avuto una accezione positiva; è stato sempre visto quale diffusione di parole, di sguardi, di bellezza, di gesti, di culture, di idee per costruire ponti, passaggi, esprimere vicinanza: la sola ammessa a scuola.

“Didattica a distanza” per il mondo della scuola, al fine di evitare il “contagio”, quello da Covid 19. Personalmente non amo molto l’accezione data alla “Didattica a Distanza”, in quanto pur se a distanza, in realtà noi insegnanti abbiamo provato a instaurare con gli studenti e le famiglie un dialogo finalizzato alla co-costruzione di un sapere condiviso. Abbiamo continuato a prenderci cura dei nostri studenti prestando attenzione anche ai più fragili, ai più deboli, agli stranieri, a coloro che vivevano situazioni di disabilità, di disagio economico-sociale.

Prenderci cura dei nostri studenti: non è facile attraverso uno schermo, ma talvolta una parola, uno sguardo, la lettura di un compito, di un testo, hanno fatto emergere situazioni ove gli studenti, se è stato creato con loro quella sinergia indispensabile alla realizzazione di un clima di fiducia, ti parlano, si raccontano, si confidano perché ne avvertono l’esigenza: hanno bisogno di aiuto, di supporto, di un consiglio.

Tocca a noi insegnanti in presenza o “a distanza” prenderci cura di loro, esattamente come affermava Don Milani[1] nel suo testo Lettera a una professoressa: “I Care”.

Io insegnante, mi prendo cura dei miei alunni, perché domani loro possano prendersi cura di altri studenti, di altre persone, possano costituire il volano della nuova società: I CARE per un WE CARE.

La didattica della vicinanza di cui parlo affonda le sue radici nella scelta inclusiva della scuola italiana. Secondo Ianes[2] la didattica a distanza aumenta le diseguaglianze. “Va bene per tamponare un’emergenza, ma la scuola non è solo apprendimento, è soprattutto relazione. E l’inclusione degli studenti disabili, soprattutto, ha bisogno di questa relazione”. È difficile rendere inclusiva la scuola a distanza in quanto in questo particolare momento, risulta ostico poter creare piccoli gruppi in presenza a causa della paura, della psicosi del contagio che attanaglia tutti.

Didattica della vicinanza, dal mio punto di vista, è ricercare modi e tempi affinché chi è più distante, ha meno tecnologie o tempo familiare a disposizione sia comunque con noi, pur con modalità diverse, ma insieme.

Didattica della vicinanza è incoraggiamento, restituzione delle attività con una valutazione formativa (più che sommativa), che attenzioni i processi di apprendimento e di crescita, che recuperi la dimensione relazionale della didattica, che sia di accompagnamento e supporto emotivo.

Didattica della vicinanza è anche condivisione di strategie, materiali, di spazi comuni per progettare; è disponibilità a rendere pubblici alcuni nuovi spunti didattici affinché altri ne possano fruire; è aderire a iniziative che ci interroghino sul senso umano del nostro agire come persone di scuola; è il coltivare le relazioni con le famiglie, cercando, per quanto possibile, di innescare un circolo virtuoso solidale tra le stesse e un filo comunicativo di senso tra noi e le stesse.

Tutto ciò nell’ambito di una cultura condivisa, aperta al confronto con gli studenti, i genitori, i colleghi, è possibile percepirlo, sentirlo pur nella didattica a distanza che non è più tale, non è più distante, ma ci avvicina, ci fa sentire parte di un tutto ove insieme #celafaremo!

Anna Tataranni Insegnante, Pedagogista, Tutor Coordinatore del tirocinio nel Corso di laurea magistrale a ciclo unico in Scienze della Formazione Primaria (LM 85-bis) presso l’Università degli Studi della Basilicata.