Dalla solitudine professionale a quella personale

Mi chiamo Paola, ho 32 anni e sono un educatrice.

Dopo dieci anni dal mio titolo di studio, corsi di aggiornamento, nuove esperienze lavorative, mi ritrovo nel 2021 a sentire nel mio corpo un minuscolo cuoricino che batte .

La professione di educatore in Italia è molto triste, perché scarsamente riconosciuta e regolamentata e a  causa di questo, spesso, ci si trova a dover combattere sfide difficilissime in perfetta solitudine, affrontare bournout, ovvero quello stress cronico che ci si trova a vivere all’interno di un contesto lavorativo.

Stranamente  su ogni libro di pedagogia troviamo tutt’altra definizione: l’educatore professionale socio-pedagogico   lavora in équipe collaborando con altre figure professionali, promuove i gruppi e le singole persone a perseguire l’obiettivo della crescita integrale e dell’inserimento e/o reinserimento sociale definendo interventi educativi, formativi, assistenziali e socio-sanitari in rete con altre agenzie educative.

Con la pandemia, la situazione è peggiorata perché il sentimento di solitudine e di emergenza sociale si sta palesando ovunque, le istituzioni su diversi livelli sono volte esclusivamente ad arginare  l’emergenza sanitaria covid 19.

Adesso che sono in attesa della mia prima figlia, all’interno del  mio corpo, del mio cuore e della mia mente,  si alternano stati d’animo che passano da gioia immensa a paura .

Gioia nel sentire la vita che si manifesta, che ti accompagna in ogni istante della giornata, il tuo corpo che si adatta e avvolge un nuovo cuore.

Paura nel sentirsi inadeguati, nella possibilità di non riuscire a gestire al meglio tutte le situazioni. Paura nel sentirsi soli, nel non sentirsi accolti e compresi.

Questo momento dovrebbe essere ricco di condivisione e di mutuo supporto con altre future mamme, ma purtroppo i corsi di accompagnamento alla vita in modalità on line, in questo momento, non sono attivi all’interno della mia città.

Dunque quella solitudine che nasce dal piano professionale, si riversa sul piano personale, perché nonostante abbia una formazione pedagogica,  sappia preparare una pappa o cambiare un pannolino, manca quel supporto professionale di esperti e quel sostegno umano che donano conoscenza e tranquillità alle persone.

Non basta un titolo di studio o l’essere in attesa per essere professionisti e genitori eccelsi, serve che l’ambiente circostante fornisca quei tasselli che messi uno accanto all’altro aiutano la persona e la società tutta.

Una futura mamma

Paola Di Lena
Educatrice professionale