Dalla grande sofferenza alla grande bellezza!

Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla.  

È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura.

Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto

dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che questo romanzo abbia inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco.

Jep Gambardella

Ebbene si, finisce sempre così, con la morte. Ci affanniamo a ricercare potere, ricchezza, successo, ma ci ritroviamo a fare i conti sempre con “la fine”. La vita ha assunto sempre più una consistenza “liquida”, come direbbe Zygmunt Bauman (famoso sociologo polacco), è stata depauperata dei suoi concetti essenziali. I legami affettivi sono vissuti come fragili, la solitudine e l’angoscia di essere soli al mondo hanno preso il sopravvento sulla voglia di condividere, di stare insieme, di aiutarsi reciprocamente. I social-network forniscono l’illusione di amicizie e amori, ma le relazioni rimangono vuote e inconsistenti.

Ma il vuoto più grande riguarda noi, il nostro “Io”, in continuo conflitto tra ciò che dovrebbe essere, secondo ideali di perfezione imposti dalla società, e ciò che realmente è. Manca, oggi, il concetto di “unicità” dell’essere umano, del suo essere irripetibile. L’individuo è frutto di una variabile infinita di fattori biologici, storici, culturali e familiari che si combinano in maniera del tutto casuale. Ogni persona è un tesoro inestimabile, che dovrebbe attingere da se stessa in qualsiasi momento della propria vita, anche nei periodi di crisi e difficoltà. Invece, succede esattamente il contrario. Ci si sente impotenti di fronte ai cambiamenti, come se non si possedessero le adeguate forze e risorse. Ed è così che la sofferenza per questo vuoto viene allontanata, dimenticata o rimossa. Ma il dolore rimane sempre e sedimenta, diventa inaffrontabile e acuisce la paura di essere se stessi.

Per non sentire il proprio mondo  emotivo che va in pezzi,  si spreca il tempo a desiderare i “surrogati” della felicità. Il film di Sorrentino “La Grande Bellezza” racconta molto bene del contrasto tra una felicità fittizia fatta di feste, droghe, conversazioni filosofiche sulla vita e pettegolezzi, e un mondo interiore ormai distrutto nei suoi valori, nelle sue emozioni e nella sua essenza. I trenini lunghissimi, “i più belli di Roma”, in fondo non vanno da nessuna parte. E allora il “fare” diventa un modo per non sentirsi, per non cambiare e crescere.  

E’ il senso di morte che ci riporta ad una dimensione più profonda e spirituale, il  “senso della vita”. La “Grande Sofferenza” va affrontata una volta per tutte, partendo dalle “radici”, dalle origini della nostra esistenza; solo così potremo apprezzare “La Grande Bellezza” che fa parte di noi e non ha eguali. Non c’è bellezza senza sofferenza: le emozioni, i vissuti profondi e i valori sono il nostro tesoro inestimabile, che non va svalutato ne svenduto, ma custodito ed arricchito con la propria esperienza di vita.

Dott.ssa Mariateresa Muscillo

Psicologa, psicoterapeuta e sessuologa