Viaggio alla scoperta dei “confini” familiari
Oggi vorrei parlarvi di “confini”.
Qual è la prima cosa che vi balza in mente, all’ascolto di questa parola? Alla mia immaginazione sobbalzano 2 significati possibili.
Il primo ha a che fare con un senso di vastità (e immagino prati sconfinati); il secondo mi richiama un rettangolo con i suoi lati e un’idea di imbottigliamento, chiusura ma altresì definizione. Sono immagini antitetiche, apparentemente opposte.
Ho “sguinzagliato” la mia fantasia perché sentivo che avesse bisogno di esprimersi, ma la scelta di questo tema da parte mia deriva dalla lettura di un libro intitolato “Famiglie e Terapia della Famiglia” di Salvador Minuchin, psichiatra e psicoterapeuta argentino.
In questa sua opera, Minuchin espone i principi della terapia strutturale della famiglia.
La parola “confine” si riveste, altresì, di questa accezione nella misura in cui si aggancia alla
struttura fondativa di qualcosa, quasi ne costituisse le fondamenta.
Come se i confini potessero essere equiparati, metaforicamente, agli “assi portanti” che reggono basi e perimetri, forme e costruzioni.
Ciò vale anche per una configurazione complessa, quale la famiglia è.
Prima di addentrarci nei confini, facciamo accenno all’idea di “sottosistema” e ne distinguiamo 3:
- il sottosistema dei coniugi = si forma quando due adulti si uniscono con il proposito di formare una famiglia;
- il sottosistema genitoriale = la diade marito-moglie diventa anche una coppia di madre-padre alla nascita del primo figlio;
- infine, il sottosistema dei fratelli.
Poiché la famiglia funzioni bene, è essenziale che i confini tra i sottosistemi siano chiari. Bisogna, inoltre, che siano definiti in modo che ai membri di ciascun sottosistema sia dato di esercitare le proprie funzioni specifiche senza ricevere indebite interferenze da parte degli altri, ma, allo stesso tempo, sarà fondamentale che essi permettano il contatto tra i componenti di ogni sottosistema e gli altri.
- Alcune famiglie sviluppano confini eccessivamente rigidi.
- Altre famiglie “si perdono” in confini diffusi.
Nelle prime le “barriere” che i componenti della famiglia ergono tra loro sono alti e pressoché invalicabili e, in esse, la comunicazione tra i sottosistemi risulta fortemente danneggiata.
All’interno di queste famiglie che hanno orientato il loro stile transazionale nella direzione del “disimpegno” i loro componenti possono funzionare autonomamente, ma coltivano un senso distorto dell’indipendenza. Vengono, dunque, a mancare sentimenti di lealtà e di appartenenza nei confronti della propria famiglia e risultano lese la capacità di chiedere aiuto e sostegno, quando è necessario, nonché la capacità di interdipendenza che ci lega gli uni agli altri in un sentimento di connessione reciproca e scambievole.
Poi, vi sono quelle famiglie auto-centrate: esse danno vita al proprio microcosmo, come fosse un universo parallelo, dagli altri disgiunto e separato.
In esse, si distingue un aumento del contatto, della comunicazione e del coinvolgimento dei suoi membri che si fa esclusivo e, degli altri, escludente.
Il risultato è quello
di una distanza che diminuisce, al punto che i confini
si confondono. Famiglie
siffatte dirigono il loro stile transazionale nel senso dell’invischiamento.
L’effetto può essere che, in situazioni di tensione, un tale sistema può diventare sovraccarico ed eccedere le sue risorse. Il rischio sta nell’incapacità di adattarsi e di cambiare in nuove forme che rispondano in maniera più funzionale ai nuovi compiti di sviluppo e alla fase del ciclo di vita di quella famiglia.
Sia l’estremo del disimpegno sia l’estremo dell’invischiamento possono rivelarsi nella loro caducità e nella loro fragilità.
Ed è per questo che tra i due si fa spazio un altro concetto, mirabile e potenzialmente evolutivo che ha a che fare con la possibilità della permeabilità dei confini.
Confini duttili, flessibili, portati all’espansione e pronti a convergere nelle direzioni più sintoniche alle esigenze di una famiglia che cresce e si trasforma come ogni cosa che vive, dotata della sua energia vitale.
Luciana Giordano
Psicologo clinico e Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico-relazionale.