L’anti-sé e i suoi possibili significati: come avvicinarsi al dialogo con il sé
Ho rivisitato alcune aree che hanno a che fare con parti di me che ho attraversato e che, come spesso mi capita, trovano una congiuntura speciale in ciò che, di loro stessi, i miei pazienti portano al mio ascolto e alla mia attenzione, nonché al nostro lavoro di “quadratura”, nel quale proviamo a intersecare vissuti, riflessioni e risonanze.
Avete mai pensato che, in un angolo vicino o lontano, dentro voi stessi abita una formazione, il più delle volte reattiva, a cui daremo il nome di anti-sé?
Bene, oggi, con il presente articolo proveremo a farlo insieme! Inizierei dall’analisi del suo prefisso:
- dal latino ante, con il significato di “davanti” nello spazio o “prima” nel tempo;
- dal greco antí, che significa “contro”.
La scoperta del nostro anti-sé ci permetterà di accedere a questa seconda sfumatura di significato.
Vi è mai capitato di sentire montare un’istanza detrattrice e che opera nel campo della
demolizione di voi stessi?.
Può assumere la forma di quella parte che vi ricorda costantemente che non siete capaci, che non vi fa sentire pronti o all’altezza, che costantemente vi giudica, che pregiudica le vostre energie vitali, che vi attacca e vi svilisce, che smorza i vostri sorrisi, che vi fa arretrare, che vi mette a disagio nelle situazioni e nelle relazioni, che vi fa sentire alieni e peregrini in un mondo da cui vi sentite inaccolti, o peggio, respinti e rifiutati.
Potrà assumere molte altre declinazioni, ma di certo è riconoscibile e può abbinarsi a sentimenti di rabbia, di impotenza e di frustrazione. Anche di profonda tristezza e di deperimento del Sé perché, quando agisce, inclina e sfianca, rischia di spezzare, di travolgere ed esondare.
L’anti-sé è sprezzante e disgrega, trova un terreno di coltura fertile nel disprezzo del Sé, al fine di esercitare un’azione di depotenziamento nonché anche un racconto monocromatico e monocorde, monotono e monotematico in quanto ti offrirà un solo racconto di te stesso, nel quale sentire di rappresentare costantemente colui che perde, lo sconfitto, l’incompreso, il tradito, il reietto e il “diverso”, quello che non merita l’altrui rispetto e l’ammirazione di chi lo circonda, indegno di ricevere amore, stima e considerazione.
I suoi tratti precipui sono la negazione e la dissacrazione, i toni irriverenti e provocatori.
Si impregna, spesso, ad un sentimento di colpa e di colpevolezza che schiaccia chi lo prova.
L’ anti-sé si crede forte! Invincibile e incontrastato nella sua superbia.
A ben guardarla, questa parte è debole e vittima della sua stessa carica distruttiva. Attenzione, non voglio giudicarla; rischierei di incorrere nel suo stesso errore ma, sicuramente, le manca un incontro fondamentale per compiersi nella sua luce.
Ha infatti bisogno di ritrovare la propria PARTE SOFFERENTE, quella parte che ha scisso, poiché ha creduto che fosse una zavorra, la testimonianza del proprio disvalore.
Favorire il matrimonio con questa parte di noi che è forte e che è capace di stare nella sofferenza potrà essere la chiave di lettura attraverso cui ripristinare la centratura, in quanto richiama alla cura, alla parte di noi che è capace di cura e, attraverso cui, possiamo rinforzarci, rinfrancarci, ristorarci dai torti e dalle offese patite.
Un giorno, una persona sapiente con cui mi confronto, mi disse : “parla delle tue sconfitte e falle diventare l’oggetto del tuo ironizzare su di te, di cui ridere e far ridere”!
Sarà una risata benevola, in sé liberatoria!
Lontana da ogni vergogna, potrai mostrarla e volerle bene.
Non ti separerà da te stesso/a ma ti aiuterà a ricongiungerti, a tessere trame, matrici e relazioni di significato. Nella mia pratica terapeutica, quando incontro e accompagno i miei pazienti in un lavoro lento e graduale, rispettoso dei tempi di ciascuno, offro loro la possibilità di scegliere e di decidere di confidare in loro stessi, mettendo un distinguo chiaro tra il Sé e il loro anti-sé, attraverso un dialogo attivo e costruttivo in cui li preparo a diventare i registi delle loro storie uniche e irripetibili.
Luciana Giordano
Psicologo clinico e Psicoterapeuta ad indirizzo sistemico-relazionale.