La legislazione emergenziale– dubbi di costituzionalità

Con il protrarsi dell’isolamento ed il dilatarsi dei tempi disponibili,  tutti abbiamo avuto modo di guardare dentro noi stessi, di svolgere le riflessioni più eterogenee sui percorsi di vita fatti, sui nuovi progetti e magari abbiamo trovato il tempo e la voglia di interrogarci e confrontarci anche su argomenti che ordinariamente ci hanno sempre annoiato e dai quali abbiamo mantenuto le distanze, in quanto presi dalle mille incombenze della vita quotidiana.

Ed è così che clienti, amici, colleghi in questi giorni hanno sollecitato le mie riflessioni sulla legittimità dei provvedimenti adottati dal governo Conte per far fronte alla situazione pandemica.

Una piccola premessa: tutte le riflessioni che di qui in avanti andremo a svolgere insieme, non devono rappresentare un motivo di delegittimazione all’operato del governo, né un incentivo a porre in essere comportamenti contrari ai provvedimenti vigenti, trattandosi piuttosto di meri spunti di riflessione giuridica, che giustamente devono rimanere tali, a fronte delle esigenze di tutela di un bene primario quale è quello della salute pubblica.

Ed in tale senso, fatte salve le consuete eccezioni, che fanno parte inevitabilmente di qualsiasi consesso sociale, ritengo di dovere riconoscere agli italiani di avere avuto un sostanziale rispetto di provvedimenti forse non sempre formalmente ineccepibili, e dunque dimostrando che nei momenti di crisi, di difficoltà, il senso di responsabilità prevale anche su quello spirito critico proprio delle menti complicate che caratterizzano da sempre  il popolo italiano.

La nostra legislazione, conformemente a tanti altri rami del sapere, è una legislazione complessa, perché noi italiani siamo menti sottili, complicate, che non si accontentano, che si chiedono i perché di ogni cosa.

Questa caratterizzazione, che per molti rappresenta un vulnus del nostro popolo, per chi scrive costituisce da sempre un valore, perché è dalle menti complicate, è dai perché, è dai tormenti che nasce la evoluzione.

Ed allora tornando al nostro tema, in materia di leggi emergenziali, in Italia, anche a causa del fatto che la Costituzione nacque dopo la dittatura fascista, l’unico stato di emergenza disciplinato è lo stato di guerra.  

Ci sono ordinamenti costituzionali che disciplinano invece anche lo stato di eccezione o di emergenza, come accade  in Francia, ove i poteri vengono attribuiti al Presidente della Repubblica.

In Italia invece, al di fuori dello stato di guerra, per le altre situazioni, che necessitano interventi urgenti esiste il decreto legge, che di fatto interviene sul principio di separazione trai i poteri e trasferisce provvisoriamente il potere legislativo dal Parlamento al Governo.

Come sappiamo però i decreti legge prevedono un duplice controllo: quello preventivo da parte del Presidente della Repubblica e quello successivo da parte del Parlamento, che infatti lo deve convertire in legge entro 60 giorni.

Se questo è il contesto normativo di riferimento dobbiamo interrogarci su che tipo di norme sono state emanate in questa fase di emergenza.

Il governo si è mosso con una serie di atti diversi.

In una prima fase sono state emanate alcune ordinanze del Ministro della Salute e altre della Protezione Civile, normalmente utilizzate per regolare eventi limitati.

Quando la situazione ha preso una piega più importante il governo è intervenuto con il decreto legge 6/2020 del 23 febbraio, che poi è stato presentato al Parlamento per la conversione.

Il problema di fondo è che questo decreto legge prevede indicazioni solo di carattere generale circa la limitazione di una serie di diritti fondamentali costituzionalmente garantiti, ma nel concreto queste misure sono state specificate, adottate e definite non con un altro decreto legge, ma con un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e cioè con un tipo di provvedimento che invece non prevede né il controllo preventivo del Capo dello Stato né quello successivo del Parlamento.

Pertanto questa è stata le genesi del cd Decreto Conte “Io resto a casa”.

Son stati in molti i giuristi tra cui basta citare il prof. Emerito della Corte Costituzionale Sabino Cassese che hanno sottolineato la illegittimtà del primo decreto Conte, laddove il governo con un proprio decreto di fatto attribuiva a un proprio componente, il Presidente del Consiglio,  il potere di limitare con atti amministrativi non predeterminati le libertà costituzionali, che invece possono trovare limiti solo in atti legislativi parlamentari.

Dello stesso avviso il prof. Loiodice della Università degli Studi di Bari secondo il quale per emanare norme che limitano la libertà personale, occorre un’approvazione del Parlamento o per lo meno un decreto legge, laddove nella fattispecie ci si è trovati almeno nella fase iniziale, in presenza di un decreto del Presidente del Consiglio,  che ha natura giuridica di semplice atto amministrativo.

Ogni qual volta è prevista una sanzione di tipo penale che almeno teoricamente incide sulla libertà personale, pensiamo al meccanismo delle autocertificazioni, come sottolinea il prof. Loiodice è oggettivamente necessaria la autorizzazione del Parlamento, quantomeno nella forma della conversione del decreto.

Sic stantibus rebus i giuristi sopra menzionati paventano una verosimile violazione dell’art. 13 della Costituzione, laddove sulla base di un decreto legge generico si è demandato al Presidente del Consiglio la adozione di un proprio decreto che andasse a definire una serie di limitazioni a libertà fondamentali.

E’ evidente che pur non essendo il momento di fare grandi sofismi, tuttavia non vi è dubbio che ricorrono fondati motivi per ritenere che il Parlamento è stato tenuto fuori da tutta questa procedura emergenziale, facendo di fatto mancare il controllo democratico previsto dalla nostra Costituzione.

Ebbene a fronte dell’emergenza, con senso di responsabilità, il popolo italiano ha risposto positivamente, conformandosi ai divieti senza farsi troppe domande.

Certo resta l’interrogativo di cosa potrebbe accadere  quando i ristoranti saranno in crisi e dovranno licenziare i dipendenti, e quando ci saranno aziende che falliranno, se taluno preso dalla disperazione non solleverà profili di legittimità formale degli strumenti giuridici adottati, per far fronte alla situazione emergenziale.

Un altro spunto di riflessione vorrei riservarlo ai rapporti esistenti tra la legislazione statale e le ordinanze di sindaci e dei governatori regionali.

Ebbene ordinariamente i sindaci hanno potere di ordinanza, contingibile e urgente per questioni locali, dal blocco del traffico per l’inquinamento, alla chiusura di strade per una frana, il divieto di balneazione ecc… ed anche poteri in materia di pubblica incolumità: tuttavia il decreto legge del governo 9/2020 emanato il 2 marzo ha previsto che in questo frangente per i sindaci è precluso il potere di ordinanza sul coronavirus (art. 35 “A seguito delle misure statali di contenimento e gestione dell’emergenza da Covid-19 non possono essere adottate e dove adottate risultano inefficaci, le ordinanze sindacali contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto con le misure statali”).

Per quanto concerne invece i governatori delle Regioni che rappresentano l’autorità sanitaria regionale, essi certamente possono fare ordinanze, ma solo nelle more dell’adozione dei Dpcm da parte del governo come chiarisce l’articolo 3 del decreto legge 6/2020.

Per porre fine a questa possibile sovrapposizione normativa in realtà il governo avrebbe potuto richiamare la applicazione di un articolo della Costituzione, finora mai utilizzato che è l’articolo 120 comma 2 della Costituzione come modificata nel 2001. che prevede che il Governo possa sostituirsi in toto agli enti locali in caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica.

Ad oggi il Governo non ha ancora utilizzato questa norma,  probabilmente per evitare il conflitto e le tensioni con le Regioni, esautorandole del tutto dai loro poteri, ma non è escluso che in futuro la norma venga utilizzata.

Ed ancora profili di legittimità sembrano delinearsi anche in merito al noto comitato tecnico scientifico di esperti costituito con un’ordinanza di protezione civile, senza nessun controllo parlamentare sulla sua composizione o su chi è stato o non è stato nominato.

Qualche amico inoltre mi ha sollecitato a riflettere anche sul tema dei rapporti Stato-Chiesa  e sulla tutela della libertà di culto.

Ebbene la libertà di culto è un diritto  costituzionalmente riconosciuto dal combinato disposto artt 7 e 19 che rinviano ai Patti Lateranensi tra Chiesa cattolica e Stato Italiano.

Come noto la Chiesa è sovrana e non è tenuta a recepire le direttive dello Stato.

Ciò premesso nella fattispecie lo ha fatto  per senso di responsabilità e per evitare il contagio.

Per ultima una considerazione vorrei riservarla ad un modo di agire che ha sollevato in me diverse perplessità, ed intendo riferirmi alle conferenze stampa con cui il Presidente del Consiglio ha annunciato provvedimenti  prima che questi fossero firmati.

Ora non voglio arrivare ad ipotizzare quanto ritenuto in una intervista dal prof. Loiodice che si era espresso nei seguenti termini ” Un modo  disinvolto e direi persino autoritario. A mio avviso commette due reati: abuso di potere e procurato allarme. Se trova un PM attento e zelante rischia di finire davanti al Tribunale dei Ministri. In ogni caso combina pasticci come quello delle persone fuggite da Milano”, ma certamente trattasi di un modus operandi che ci pone dinanzi ad un bivio interpretativo .

Si è trattato di una colossale leggerezza, visto l’esodo verificatosi o ha rappresentato una scelta consapevole, per alleggerire la Lombardia di parte della popolazione, attesa la difficoltà del sistema sanitario, e dunque di una scelta voluta nella consapevolezza che tale popolazione si sarebbe riversata nel resto del paese?

Non spetta a chi scrive fornire la risposta, ma in entrambi i casi certamente resta l’amaro in bocca.

Ed allora come vedete i profili su cui interrogarsi in merito ai contenuti formali della legislazione emergenziale sono molteplici, ma essi devono cedere il passo rispetto al comune obbiettivo di tutelare la salute pubblica, anche laddove possano essersi verificate criticità di tipo formale.

Il buon senso deve rappresentare sempre la stella polare che deve guidarci nella vita come nella valutazione, nella osservanza, nella interpretazione ed applicazione delle norme.

L’auspicio di chi scrive è che il buon senso possa accompagnare il legislatore, il governo, le forze dell’ordine, la magistratura, gli avvocati, i cittadini, nell’attraversare questo momento di difficoltà, evitando quelle aberrazioni che hanno portato ad esempio a sanzionare quel genitore che  portava la figlia leucemica a visita di controllo.

Forza ragazzi\e, ce la faremo, siamo Italiani.

 Avvocato- Sebastiano Flora