Il gioco fiaba per un mondo inclusivo

Raccontare e animare una fiaba all’interno dello spazio domestico rappresenta un’occasione per gestire creativamente l’emergenza che stiamo vivendo.

Tutti noi siamo in grado di attivarci recuperando le nostre risorse innate.

La fiaba ha origini antichissime, da far risalire a riti di iniziazione preistorici. E’ un racconto fantastico, ricco di elementi magici, si possono incontrare fate, nani, orchi, streghe con caratteristiche molteplici.

Ma essa può diventare anche un gioco, che rappresenta un potente strumento pedagogico, efficace nella relazione educativa.

Come tutti sappiamo, i bambini mostrano un interesse molto precoce nei confronti della narrazione delle fiabe. Come mai?

Alcuni autori (Sutton, Smith, 1986) sostengono che la precoce disposizione a seguire storie affonda le radici nei primissimi “giochi di faccia” adulto/bambino, dove l’espressione facciale viene bruscamente alterata (dalla faccia cupa a quella sorridente), facendo scorrere la propria mano sul viso. E’ un gioco universale che stupisce e diverte i piccolissimi.

Tale gioco, secondo alcuni autori, è anche il precursore motorio facciale della narrativa: contiene la trasformazione e il passaggio repentino da uno stato all’altro, “essenza evidente della narrativa”. Ridotta ai suoi tratti essenziali, nella narrativa viene rappresentato un problema seguito da una soluzione. Il racconto risponde ad una precoce ed innata predisposizione del bambino di seguire ed apprezzare storie e di sintonizzarsi emotivamente.

Sono diversi i processi evolutivi che favoriscono lo sviluppo delle narrazioni:

a) il gioco, favorisce la produzione delle prime narrazioni, è in grado di offrire al pensiero gli strumenti per procedere in modo narrativo. Ciò avviene quando il gioco acquisisce la pienezza dei suoi significati simbolici e cooperativi. Ad esempio, la narrazione assumendo il ruolo di produrre il gioco fantastico, permette al bambino di staccarsi dal mondo reale e di affiancarsi al gioco simbolico, facilitando una prospettiva più distaccata e riflessiva nei confronti della realtà;

b) la relazione emotiva con l’adulto. Il legame e l’attaccamento alla figura primaria consentono al bambino di compiere importanti esperienze emotive e di imparare come le emozioni si coniugano con i comportamenti e le interazioni.

L’ascolto di fiabe può aiutare il bambino a costruirsi immagini mentali in corrispondenza di particolari espressioni e parole, a patto che il contenuto della storia e il linguaggio siano adeguati alle capacità di comprensione dello stesso.

Viene agevolata, altresì, la crescita psicoaffettiva del bambino. All’interno della narrazione fiabesca, sono rimarcati gli ostacoli e le difficoltà, a cui è possibile far fronte attraverso dei doni magici (le risorse). In certe circostanze le risorse sembrano piccole rispetto alle difficoltà, ma nella relazione affettiva genitoriale e/o educativa, si attiva la “fiducia”, elemento essenziale per il lieto fine.

Se il racconto si svolge all’interno di una relazione affettiva e/o educativa, si possono alleggerire le emozioni scomode come angoscia, paura, solitudine. Nella condivisione tutto è più affrontabile e superabile.

Uno dei poteri della fiaba è proprio quello di rassicurare, infondere speranza nel futuro e offrire la promessa di un lieto fine. Il finale consolatorio infonde forza nel bambino di fronte agli imprevisti della vita e favorisce l’autoefficacia nel problem- solving.

La fiabe possono essere giocate (da qui il termine gioco fiaba) e possono correlarsi agli stati d’animo vissuti dal bambino. Si possono costruire delle fiabe ah hoc, partendo da emozioni scomode, quali rabbia, paura, solitudine, vergogna, ecc.

Gli stati d’animo e le sensazioni che pervadono la sfera emotiva possono essere affrontati attraverso la narrazione e l’utilizzo del ben noto “meccanismo proiettivo” che alleggerisce il senso di colpa. In altre parole, il bambino riesce a collegarsi più facilmente con le emozioni scomode se le vede agite dai personaggi delle fiabe. In definitiva, per una sana crescita emotiva è molto importante riuscire a dare un nome alle proprie emozioni e cogliere che esse hanno un inizio, un’evoluzione ma anche una fine.

Di seguito vogliamo narrare e giocare una fiaba anche giocata in “modo inclusiva”, poichè tutti i bambini hanno diritto al gioco. Una società, diventa inclusiva quando sa accogliere tutte le diversità e sa riformulare le proprie scelte organizzative, progettuali, metodologiche didattiche e logistiche. Tutte le agenzie educative come scuola, famiglia, servizi, istituzioni, devono creare una fitta rete di solidarietà garantita non solo volontaristicamente, ma sostenuta da politiche strutturate e da normative coerenti. L’inclusione rappresenta una disponibilità ad accogliere, è il riconoscimento del comune diritto alla diversità, una diversità che non si identifica solamente con la disabilità, ma comprende la molteplicità delle situazioni personali, così che è l’eterogeneità a divenire normalità.

La sordità, una delle tante diversità, rappresenta un bellissimo mondo colorato, ricco di tante sfumature. Esistono i sordi „oralisti“ che leggono il labiale e sordi „segnanti“ che comunicano con la LIS (lingua dei segni italiana).

Per poter far arrivare il nostro gioco fiaba abbiamo deciso di sottotitolarla, perchè tutti possano comprendere la forza e la valenza di questa attività.

La fiaba che vi proponiamo è IL PICCOLO ASTEROIDE che affronterà la difficoltà di un bambino di tre anni a rispettare le regole date dalla mamma, tratta da una fiaba perchè, autori E.Rovagnati, editore Bonaccorso, Aprile 2019.

Per un approfondimento:

– C.Greco; E. Rovagnati; Le Fiabe col guscio, editore Astrid, 2000.

-S. Carnevarini, V.G.Feller, C’era una volta il piccolo abete, editore Astrid,2002.

-M. Casiraghi, C. Greco, E. Rovagnati,  Sentimenti a scuola, editore il Biancospino, 2014.

-P.Domenichiello, C. Greco, Il ritorno del monachicchio, editore Antezza, 2017.

Paola Di Lena educatrice professionale, interprete LIS

Carmen Greco psicoterapeuta, psico-pedagogista