Il Dono dell’Invisibilità

La mia vita era ben delineata: avevo un lavoro a tempo indeterminato, con i suoi alti e bassi, ma non dovevo niente a nessuno, ogni soddisfazione ricevuta era meritata; vivevo in una città del Nord con i suoi tanti pregi, in particolare la possibilità di poter fare esperienze sempre più ricche; avevo un compagno che nelle sue particolarità caratteriali riusciva comunque a sostenermi e avevo la mia indipendenza determinata dal disporre di una casa che, seppur in affitto, era mia. Ed in questo equilibrio, ad un certo punto è sopraggiunto il mio desiderio di migliorare la mia condizione lavorativa. Il mio lavoro era fantastico, ma allo stesso tempo doloroso. Lavoravo con la disabilità tutti i giorni, a scuola e in case di famiglie che avevano avuto la disgrazia di trovarsi ad affrontare tra le mille sfide della vita, quella di avere un figlio disabile. Con i miei ragazzi ho condiviso sorrisi, con le famiglie molto spesso dispiaceri e pianti. Quello che non sopportavo, però, era la mia figura in ombra, soprattutto nella scuola. Molto spesso ho pensato seriamente di avere il dono dell’invisibilità! Ero un’educatrice scolastica, avevo preso una laurea per diventarlo, partecipavo alle formazioni privatamente pagando di tasca mia nei momenti liberi che avevo. Eppure, quando entravo a scuola, ero un fantasma. Quasi spesso, durante il mio lavoro scolastico, gli insegnanti non mi degnavano di uno sguardo né di un saluto, davano per scontato che io fossi lì semplicemente per togliergli il fastidio durante le lezioni. Il fastidio erano i ragazzi colpevoli di avere delle patologie che non gli permettessero di essere al passo con gli altri in classe e reagivano o urlando, o girando per l’aula, o picchiando qualcuno. Io ho cercato di dar loro voce, sempre, qualche volta pure sbagliando e spesso soffrendo in silenzio tornando a casa per non essere stata ascoltata da quelli che io ritenevo colleghi, gli insegnanti, perché, li ritenevo, come me perseguitori di un unico obiettivo: il benessere di Michele, Marcello, Sebastiano, Davide, Giosuè, Riccardo, Rhama…

            E in quelle serate a casa, dopo il lavoro, stanca per aver dovuto lottare semplicemente per una parola in più di appoggio, giorno dopo giorno, è maturata in me l’idea di dover fare di più per quei ragazzi che seguivo e per i miei colleghi educatori/fantasmi, ma anche per quegli insegnanti che fortunatamente capivano l’importanza di lavorare in team, dando vita al vero significato della parola inclusione. Parola molto usata nella normativa scolastica ma di cui si è imparato molto poco nella pratica. Ho deciso, a 35 anni, di ripartire dalle basi, intraprendere l’unica strada per entrare a scuola con un ruolo riconosciuto a livello istituzionale e governativo: iscrivermi a Scienze della Formazione Primaria. Dapprima mi sono iscritta a Reggio Emilia, luogo più vicino al mio lavoro. È stata dura lavorare e studiare. Ho sacrificato tutto, in primis, me stessa. Ho dimenticato le serate, gli aperitivi, la vita sociale per compiere capriole con triplo salto in aria. Mi sono licenziata dalla cooperativa per cui lavoravo per iniziare anche a fare qualche supplenza a scuola. Ed è successo pure che, per tre mesi, ho insegnato a Vicenza, ogni settimana in una classe diversa e il fine settimana tornavo a Parma perché il venerdì e il sabato avevo i laboratori obbligatori da seguire all’università a Reggio. Mi ricordo che a dicembre del 2018 sono arrivata stremata alle vacanze di Natale e per questo, da Gennaio 2019 ho deciso di prendermi una pausa definitiva dal lavoro per dedicarmi completamente allo studio. Ma la stanchezza del lavoro non era l’unico problema che mi affliggeva. La mia vita personale, nel frattempo, si era sgretolata in mille pezzi. Anche in questo caso, dovevo ripartire da zero: ritornare nella mia città.

L’essere tornata a Matera proprio nell’anno più difficile per l’umanità, è stata una esperienza catartica che è riuscita a farmi rivedere il mondo con occhi che oggi posso dire finalmente miei. Nell’anno che pensavo essere di sconfitta, sono riuscita a dare 13 esami, recuperare 14 laboratori, 400 ore di tirocinio e laurearmi. Ora sono pronta a dare corpo a quel fantasma.

Tiziana Casertano
Laureata in Scienze dell’educazione con indirizzo multiculturale.