Elogio del “Challiddo”

Il Challiddo è una pratica sociale molto, molto, molto diffusa.

Lo pronunciate cialliddo, ma giocando con la parola osserviamo come sia sintesi onomatopeica del nostro dialetto, una sorta di fusione tra “ci”, “ha”, “llì”, “ddò”. Il “ci” esprime un bisogno di incontrarsi e raccontare, “ha” evidenzia l’attenzione posta a terze persone che non partecipano alla conversazione, “llì” rafforza l’intenzione di analizzare ciò che è là, a distanza e che si ritiene di poter meglio osservare, “ddò” traduce l’interesse ad un “qui” che completiamo con “e ora”, cioè presente, perché il pettegolezzo ha influenza diretta nel momento in cui se ne fa, se ne parla.

Sicuramente sapere che qualcuno possa parlare di noi a nostra insaputa può creare dispiacere e disagio e diventa ancora meno tollerabile se parlando di “challiddo” dovessimo pensare di leggittimare il giudizio sul comportamento altrui, ma questo non è accettabile e non è lo scopo di questo articolo. 

E invece l’invidia, la gelosia e l’aggressività spesso associate al pettegolezzo? Essendoci evoluti dagli animali, nel vivere in branco, nel vivere sociale, spesso accade che si attivi il sistema motivazionale competitivo (Liotti,2005) che può manifestarsi in vere e proprie sfide ed antagonismi palesi o attraverso forme di aggressività ritualizzata, come il pettegolezzo, attraverso cui si vuole comunque esibire la propria pericolosità.

Oltre il ruolo sociale, anche nel nostro intimo potremmo provare e sperimentare emozioni negative e, come per tutti i sentimenti spiacevoli e considerati negativi, potremmo imparare a comprenderli e sfruttarli a nostro favore invece che demonizzarli e non accettarli. Ammettere di invidiare l’altro ci può permettere di far tesoro della nostra propria mancanza, così come esprimere tra challiddanti la gelosia può darci coraggio rispetto alle paure di perdere ciò che desideriamo. Potremmo trasformare questi sentimenti in spinta a far meglio e coltivare questo slancio vitale come esito per queste forme di energia che ci infuocano.

Infatti crediamo  che il “challiddo” possa essere confronto e conoscenza degli straordinari e variegati modi di comportarsi. Sapere come gli altri vivono la vita e risolvono questioni complicate potrebbe aprire la nostra mente e non necessariamente chiuderla ed avvelenarla. A volte, conoscere come altri abbiano affrontato delle situazioni simili può essere uno stimolo, come può essere illuminante sapere quali emozioni e quali soluzioni creative possano aver trovato persone a noi più o meno vicine, più o meno sconosciute. Le vite degli altri possono emozionarci, donarci speranza, possono essere d’ispirazione, possono darci coraggio, per questo leggiamo libri e vediamo film.

Che il film che ci facciamo sugli altri liberi dunque la nostra immaginazione, poiché come scrive Roberto Assagioli, psichiatra padre della Psicosintesi, “ogni immagine ha un elemento motore”, ossia è una scelta ed un’azione latente che aspetta di essere realizzata.

E poi non c’è niente da fare, le chiacchiere alleggeriscono e divertono, le confidenze fanno accrescere sentimenti di fiducia e vicinanza, solidificano le relazioni. Infatti come già approfondito in antropologia da Robin Dunbar, quando i nostri antenati quadrupedi si sono elevati in posizione eretta, il linguaggio ha gradualmente sostituito quello che fino a poco prima era il grooming, ossia lo spulciamento reciproco, tutti quei vicendevoli gesti di pulizia e di cura che le scimmie tuttora amorevolmente si scambiano. L’Homo Erectus ha cominciato a vivere in gruppi talmente numerosi da rendere necessario escogitare una nuova forma di grooming per rafforzare lo spirito gregario: il linguaggio comune. Il linguaggio, quindi, ha veicolato non solo informazioni ma anche frivolezze proprio in funzione della sua utilità sociale e gregaria. Quindi, “il fare le pulci” è l’evoluzione di una più ampia capacità di prendersi cura per includere sempre più membri del gruppo e tenerli vicini, uniti. Sembra un po’ come il controllo sociale che se da un lato vincola e infastidisce nell’imporre limiti e restrizioni, dall’altro fa sentire protetti e visti, bisogno ancestrale dell’essere umano.

Maddalena Colangelo
Counsellor Professionista

Valentina Schiuma
Psicologa psicoterapeuta.